17 Mar Il ruolo delle relazioni nelle nostre vite
Ci hai mai fatto caso? Tutto gira intorno alle relazioni che abbiamo con gli altri: ogni nuovo incontro ci trasforma, ogni scontro ci insegna qualcosa, i nostri atteggiamenti si modificano nel corso della vita influenzati dalle esperienze che abbiamo grazie allo scambio con le persone che ci circondano e costruiamo così la nostra personalità. Le relazioni sono un aspetto importantissimo della nostra vita e giocano un ruolo fondamentale sulla nostra persona fin da quando veniamo al mondo.
Ci sono relazioni che ci fanno stare bene e altre che ci fanno sentire a disagio: spesso chi decide di intraprendere un percorso di psicoterapia riporta un malessere vissuto all’interno di relazioni che possono coinvolgere famigliari, partner o i propri figli.
Il ruolo dei genitori
Tra le relazioni d’amore ce n’è una che è fondamentale nella nostra vita e all’interno della quale dovremmo sperimentare il massimo dell’affetto possibile ed è quella con i genitori. Questo tipo di relazioni intime sono quelle nelle quali le persone si dovrebbero sentire più protette e al sicuro, ma non si tratta di una relazione che si sceglie e non sempre i genitori sono capaci di fornire amore e sostenere la crescita dei figli con la giusta combinazione di regole e affetto. In quest’ottica i genitori si devono sintonizzare sul proprio figlio ed essere persone che servono al figlio per crescere: a volte possono essere ansiosi, rigidi, manipolanti o aggressivi e questo può portare la relazione a diventare disfunzionale. Se si scava più a fondo, molto spesso la disfunzionalità del comportamento di un genitore ha a sua volta una radice nella relazione problematica con i propri genitori, generando quindi un circolo vizioso.
Nonostante si possa essere un buon genitore anche se i nostri genitori, a loro volta, non hanno rappresentato un modello positivo per noi, molto spesso nel lavoro di psicoterapia ci si confronta con persone che hanno ancora una ferita aperta legata alla relazione con i genitori che non è detto sia originata da traumi grandi o gravi, ma molto spesso si tratta di ripetitive e continuative piccole disattenzioni e mancanza di sintonia o fiducia. Alcuni pazienti riportano che quando erano piccoli i genitori non facevano altro che sottolineare le inesattezze o i comportamenti sbagliati, altri affermano che non erano in grado di elogiare o che utilizzavano la violenza per farsi obbedire o si mostravano umilianti nel riprendere i comportamenti che disapprovano nei loro figli. Questi genitori si comportano in modo così problematico perché probabilmente da bambini sono stati trattati allo stesso modo. La capacità di stare con soddisfazione all’interno di relazioni costruttive con gli altri è molto spesso direttamente proporzionale alle esperienze di vicinanza e amore incondizionato che abbiamo sentito rivolto nei nostri confronti dai nostri genitori.
La teoria dell’attaccamento
Tutti gli indirizzi psicoterapeutici sono stati influenzati dalla teoria dell’attaccamento sviluppata dallo psichiatra inglese Bowlby che sostiene che la qualità dei legami affettivi alla quale siamo stati esposti da piccoli abbia un forte impatto nella formazione della nostra personalità: sviluppiamo la capacità di affrontare le difficoltà e di costruire relazioni solide e soddisfacenti con un partner in età adulta grazie all’esempio che ci viene dato del legame soddisfacente tra i nostri genitori.
Quando parliamo di relazioni parliamo di legami che possono essere di diverso tipo: due amici che escono insieme e si divertono, oppure una madre e un padre che giocano con il figlio e gli danno da mangiare, o ancora due partner che si dedicano ad attività insieme. Questi sono diversi aspetti di una relazione, ma se parliamo di legame di attaccamento facciamo riferimento al rapporto che si instaura tra un elemento più debole e uno percepito come più forte e saggio, come ad esempio quello di un bambino piccolo e un genitore, o un adulto con un altro adulto, in cui il primo trova il soddisfacimento del suo bisogno di essere confortato e protetto nel secondo. Se pensiamo all’epoca primordiale, la mamma che si teneva vicina al proprio figlio ne garantiva la sopravvivenza, quindi chi non aveva chi lo proteggeva cessava di vivere ancora prima di sentire il bisogno di essere sfamato; il contatto con il genitore diventava quindi efficace al fine di essere protetti.
Bowlby sostiene che da bambini siamo regolati da un’organizzazione psicologica detta sistema di attaccamento, un assetto mentale innato alla nascita del quale non si ha consapevolezza ma che ci segnala i pericoli che ci circondano e registra i malesseri fisici ed emotivi che in qualche modo possono rendere il bambino vulnerabile. Questi segnali giungono alla figura di attaccamento, madre o padre, dalla quale si cerca protezione e questa figura sollecitata dalle richieste di conforto è a sua volta regolata da un’organizzazione psicologica speculare a quella del bambino che si chiama sistema di accudimento, un assetto mentale che spinge il genitore a rendersi disponibile e a confortare il figlio attraverso vicinanza fisica e coccole. Queste modalità sono automatiche e si ritrovano in tutte le relazioni genitori-figli del mondo.
I bambini dimostrano reazioni diverse in base alla sensibilità e responsività delle mamme, soprattutto se si trovano in situazioni che provocano paura o angoscia e che li fanno sentire in pericolo: i legami affettivi creati dai bambini avranno caratteristiche diverse in base a come le mamme rispondono ai loro bisogni di protezione. Ad esempio, se i nostri genitori ci hanno voluto bene con autentico affetto, con molta probabilità avremo sviluppato fiducia e positività nei confronti degli altri; al contrario, se le nostre prime esperienze affettive non hanno soddisfatto le nostre aspettative o se è mancata del tutto o in parte una figura che soddisfacesse il nostro bisogno di amore, ne risentirà sicuramente anche il nostro stile di entrare in relazione con gli altri.
Nei primi anni di vita del bambino, il cervello è estremamente plastico e si sviluppa rapidamente: tutte le esperienze fatte in questo periodo lasciano un segno nell’organizzazione mentale, costruendo modelli interni, sia per la figura di attaccamento che per se stesso; questi diventano poi vere e proprie mappe cognitive sula base delle quali si riesce a definire le proprie reazioni e si impara a interpretare le reazioni dell’altro. Ciò che il bambino si aspetta dalla figura di accudimento, viene esteso e generalizzato alle altre persone con le quali l’adulto instaurerà rapporti affettivi. In questo modo lo sviluppo affettivo modifica quello cognitivo e le rappresentazioni, che sono dinamiche, possono cambiare ed evolvere in seguito alle continue esperienze in cui la persona viene coinvolta. Queste rappresentazioni hanno la tendenza a mantenersi e diventare stabili e sulla base di questi modelli verranno costruite le nuove esperienze che a loro volta confermeranno i modelli iniziali, in un circolo continuo di scambio.
Non è facile lavorare all’interno di un percorso di psicoterapia per acquisire consapevolezza rispetto a come le relazioni affettive e i legami intimi possono, in alcuni casi, ostacolare la possibilità di diventare le persone che realmente vogliamo essere. Se le tue relazioni non sono soddisfacenti e vuoi capire meglio come comportarti, posso darti il mio supporto. E insieme scopriremo come potrai gestire al meglio i rapporti con le persone che ti circondano.